Cesare Teobaldo Pimpinelli Genio da scoprire
Omaggio a Cesare Teobaldo Pimpinelli
(Deruta 1909 – Gualdo Tadino 1991)
Ho avuto modo di apprezzarne in più occasioni le doti umane e professionali, a partire dalla mia frequentazione della fabbrica del Prof. Santarelli dove egli giunse dalla natia Deruta.
Indole istintiva, cordialissimo con gli amici, ricordo ancora quel suo sguardo da cui trapelava vigore e genialità.
Tipico esempio della “mobilità” dei ceramisti, venne a Gualdo dal centro che con Faenza è unanimemente considerato la patria della maiolica intorno al 1955. Nel 1903 fu istituita a Deruta la Scuola Comunale di Disegno per l’Arte Ceramica, diretta dapprima da Alfredo Santarelli, successivamente, dal 1907, da Alpinolo Magnini: una meritoria realtà di cui più tardi si giovò sicuramente anche il Pimpinelli. Da Deruta, dalla sua secolare, illustre tradizione, da Deruta protagonista con Gualdo, Gubbio, Orvieto del clima “storicistico” della ceramica umbra, Teobaldo ereditò il senso del buon disegno, dell’accuratezza della decorazione, ma eccezionalmente importante fu per lui l’aver guardato in gioventù alla produzione ceramica del russo David Zipirovic attivo nella cittadina umbra dal 1923 al 1927 (era giunto in Umbria nel 1915-1916). Si può parlare di un sodalizio tra i due, come ben documenta la recente pubblicazione dello Zipirovic a Deruta a cura di G.C.Bojani, G.Busti, F. Cocchi (Firenze 2000).
Pimpinelli senti profondamente congeniale la maniera dello Zipirovic, gran disegnatore; essa ispirò e completò le sue doti. Senza dimenticare che a Deruta operavano in quegli anni Alpinolo Magnini, Ubaldo Grazia, Amerigo Lunghi.
Ceramista nato, egli ebbe costante riferimento nei classici del Rinascimento italiano. Suoi numi Michelangelo, Raffaello, Leonardo che tradusse in maiolica con evidente, sicuro talento. Fu poco incline alle innovazioni, sebbene una “morte di San Francesco” riveli un’interessante modernità di concezione e tratto pittorico.
Comportamento non nuovo l’amore della classicità per un figlio di Deruta, i cui pittori vascolari del Quattrocento e del Cinquecento trovavano spesso fonte nei fatti artistici della Rinascenza. Non meno significativo il suo incontro con l’opera di certi quattrocentisti umbri e Veneto-marchigiani, come l’Alunno e il Crivelli, o nordici, come Rogier van der Weyden e Durer.
Lievi varianti rispetto al modello in alcuni lavori, come nel “San Giovannino” di Andrea del Sarto o nel “San Francesco” del Tiziano (dalla pala di Ancona). Pimpinelli restò fortemente attaccato al luogo di origine (amava firmare il prodotto richiamando la sua Deruta), ma ebbe in Gualdo una seconda patria, trovando in essa ampio modo di esprimersi e sincero apprezzamento.
Emerge chiaro da quanto prodotto che più che abbandonare la tradizione egli tendeva ad esaltarla, fortemente ancorato come era nei valori del passato, prediligendo, per altro, riprodurre su maiolica i capolavori della pittura rinascimentale e barocca che imitare le antiche maioliche derutesi.
L’indimenticabile “Teobaldo” testimonia in modo singolare che occorre fare ceramica di qualità, che essa può continuare a valere solo se realizzata all’insegna di un presupposto che si apprende sin da piccoli: saper anzitutto disegnare. E Pimpinelli fu un autentico campione della trasposizione di opere d’arte pittorica sulla ceramica.
La mostra è un interessante, essenziale excursus di un lungo iter figurativo. La rassegna lo mostra eccezionale disegnatore, alcune presenze anche delicato ritrattista.
I disegni, in buon numero come le maioliche, sono un’illuminante testimonianza del modo in cui egli si accingeva a portare in ceramica i vari oggetti. Disegni come “cartoni” degli antiche maestri, delle stesse dimensioni dell’opera da eseguire in maiolica. Ottima cosa aver conservato questo “corpus” della sua opera grafica: un documento basilare per la ricostruzione della sua personalità, attestando che da esso scaturirono notevoli, ampie opere: spesso cose di rilevante formato, come un ragguardevole pannello con la “Pietà” vaticana di Michelangelo. Il tenore del segno è pure qui controllatissimo e rende con verità il capolavoro giovanile del Buonarroti.
Fu, Pimpinelli, anche colorista di grande sapienza. Ampia la testimonianza di questo aspetto. Vari disegni con “San Francesco” recano desunzioni da Cimabue, da Raffaello, da Tiziano, ricordando che Deruta ha sempre riversato sul mercato assisiate un’immensa mole di maioliche a tema francescano. Ne eseguì anche lo Zipirovic per il centanario del 1926. Come il maestro russo copiò largamente in piatti murali i “Profeti” della Sistina, eseguendo vigorose immagini su fondo nero e mosaicato. Pittura di riproduzione di indubbio fascino.
Tra le sue caratteristiche un’altra peculiare scelta: i fondi damascati (cari anche allo Zipirovic) di opere come la “Madonna del Granduca” di Raffaello, la “Madonna delle Grazie” di Giannicola di Paolo, la “Mater amorosa” del Ferruzzi, la “Madonna dell”Ulivo” del Barabino.
II quadro di riferimenti iconografici è, come si vede, complesso e sempre efficace la traduzione. Si osservi, ad esempio, il passaggio dal disegno preparatorio al pannello ceramico per la dolente “Crocifissione” di Rogier van der Weyden che orna la cappella Donnini nel Cimitero di Gualdo. Alto, toccante l’originale, non meno la copia del Pimpinelli, che ha fatto a sua volta indiscutibile opera d’arte. Ci si rende conto, allora, che queste belle cose assumono anche indubbio valore religioso e sociale, poiché il soggetto sacro in esse tenacemente fissato dal fuoco arreda e conforta insieme la casa, ne è un vanto, venendo conservato e trasmesso di generazione in generazione come prezioso fatto culturale e devozionale.
Sicuramente maioliche di grande pregio quelle del Nostro, che vedeva e interpretava con singolare forza e chiarezza i soggetti rappresentati. Il concludersi delle emozioni che accompagnano l’uscita del forno del proprio lavoro è sempre triste per un ceramista, ma lo consola l’aver creato, per la qualità stessa della materia, cose durature nel tempo. Consapevole come poteva essere del valore del suo impegno, credo che Cesare Teobaldo Pimpinelli abbia finito i suoi giorni con questa certezza, con la mente rivolta alle sue splendide maioliche, alcune delle quali sono offerte oggi all’ammirazione dei Gualdesi, dei molti cultori di una nobile forma d’arte: la ceramica, che tutti più o meno, in questa città, abbiamo nel sangue. Meritoriamente voluta dal figlio Vittorio e dal Comune, questa mostra si inserisce con sicuro interesse nel quadro delle rievocazioni culturali alle quali Gualdo Tadino, come ogni altra realtà umbra depositaria di civiltà artistica, deve tendere.
ENZO STORELLI
Cesare Teobaldo Pimpinelli
Genio da scoprire
Alla stesura online dell’opera hanno collaborato: Fabbrizio Bicchielli e Sandro Farinacci